crediti
primo studio
echoes
sinossi
di Lorenzo De Liberato
regia Stefano Patti
con Marco Quaglia, Stefano Patti
voce di programma Giordana Morandini
scene e costumi Barbara Bessi
disegno luci Matteo Ziglio
colonna sonora Samuele Ravenna
assistente alla regia Cristiano Demurtas
foto di scena Federico Cianciaruso
13 aprile.Ore 19:00.
15° distretto (Midwest).
Una bomba ha ucciso più di un milione di innocenti.
Un giornalista, DE BOIS, si ritrova nel bunker di ECOH, il fautore della strage, per intervistarlo sul disastro appena avvenuto. Quella che sembra un’intervista si trasforma inesorabilmente in una sfida tra i due personaggi in cui Economia, Religione, Amore, Potere si intrecciano, vengono analizzati, sviscerati.
Ma nel corso dell’azione scopriamo l’esistenza di un gruppo di rivoltosi, denominato Gli Apostoli, una minaccia terroristica volta ad eliminare ECOH. Chi è la guida degli Apostoli ? Cosa lega ECOH e DE BOIS?
Quando oramai la situazione sembra aver preso una piega irrimediabile scopriamo finalmente ciò che unisce i due personaggi, non più così distanti. Chi è la vittima? Chi il carnefice? Non ci troviamo in un bunker ma in un limbo alle porte dell’inferno in cui i personaggi si divorano nella (vana) speranza di trovare una soluzione ad una situazione di crisi in cui l’uomo stesso è caduto.
vincitore
residenza produttiva
teatro studio uno
2015_16
note di regia
Quello che mi ha colpito del testo di Lorenzo De Liberato (autore della compagnia) non era solo l’elemento della “fiction” (un bunker - una crisi economica – un’intervista – un genocidio) ma l’appassionata crudeltà con cui i due personaggi (anche se preferirei definirli ‘mondi’) si studiano, si attaccano, si divorano. La ricchezza dei temi (come citato nella sinossi: Amore, Potere, Economia, Religione) presenti in Echoes è certamente un’arma a doppio taglio ma la spaventosa armonia con cui vengono affrontati e pilotati permette un’interessante analisi sull’uomo, soprattutto delle sue paure. Ecco: la Paura. Questo è il macro-tema dell’opera, che racchiude tutto. Ed è dalla paura che intendo iniziare il mio lavoro di analisi assieme che a mio avviso è il motore che quotidianamente ci spinge a relazionarci con gli affetti, con il lavoro, con le ambizioni. La paura porta ECOH a imporsi il passaggio di testimone: i due opposti diventano così tragicamente complementari.
Il bunker, luogo affascinante e oscuro dove è ambientata la vicenda, rappresenta per me un ring, una scacchiera, un set televisivo dove avviene il massacro, principalmente dialettico.
L’opera diventa così un avvicinamento pauroso verso un burrone durante il quale ECOH e DE BOIS si interrogano su quale debba essere la “soluzione” a questa crisi; ma parliamo davvero di crisi economica? Oppure quello di cui si sta veramente parlando è una “crisi” di emozioni, di ideali e di obiettivi?
Diveniamo così spettatori di un urlo disperato dove l’unico interlocutore è una eco fredda e distaccata.